Riabilitare le emozioni per riabilitarsi alla vita

Ogni volta che due persone s’incontrano ci sono in realtà sei persone presenti.
Per ogni uomo ce n’è uno per come egli stesso si vede,
uno per come lo vede l’altro e uno per come egli realmente è.

(Wiliam James)

In qualità di psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico, da anni mi occupo dell’aspetto psicologico ed emotivo delle persone con disagi e disturbi psicologici   e del sostegno psicologico ai malati di Parkinson.
Questo scritto nasce da una serie di riflessioni legate alle storie delle persone che ho avuto l’onore di conoscere e di cui sono stata testimone. In tutte le storie di vita c’è un filo conduttore che fa un po’ da raccordo.
Il fatto è che una volta diagnosticata la malattia di Parkinson ci si concentra principalmente sulla riabilitazione fisica e farmacologica di ciò che si sta perdendo o rallentando, essendo il Parkinson una malattia degenerativa che colpisce selettivamente le aree del cervello deputate al movimento.
Un compito importante questo che la medicina e la ricerca stanno portando avanti in modo significativo.
Ma c’è una controparte che a volte resta in ombra, una serie di vissuti psicologici ed emotivi, che la malattia scatena o processi emotivi arcaici già esistenti che possono manifestarsi nuovamente, quando sono messi in risonanza da eventi del presente come per l’appunto una malattia.
Emozioni come smarrimento, confusione, rabbia, collera, attacchi di panico, depressione  agitazione, irrequietezza, irritabilità ed apprensione, ansia ed angoscia, senso di vuoto, l’incapacità di non essere più in grado di gestire la propria vita, di non essere più padroni di se stessi, senso di inadeguatezza, bassa autostima, paura del giudizio, vergogna, perdita di spontaneità nell’interazione con gli altri,  eccessiva timidezza o tristezza, senso di onnipotenza, eccessiva impotenza, paranoia, senso di persecutorietà, maniacalità, euforismo, eccessivo controllo, ipocondria, deliri, allucinazioni  disturbi del sonno, difficoltà sessuali, disturbi di personalità.
Difficoltà nel riconoscere e incapacità di descrivere le proprie emozioni.
Tutte queste emozioni, sono presenti nei vissuti di vita e in quelli  del paziente con Parkinson, immersi, a volte, nelle sensazioni di indegnità, inadeguatezza, rinuncia, pessimismo, sofferenza, si finisce spesso col perdere la dimensione dei propri desideri e della propria progettualità futura: ed ecco quindi ad accettare i peggiori compromessi, castranti rinunce, enormi sacrifici, senza rendesi conto di quanto siano in contrasto con i propri desideri, negando e tradendo se stessi, stati d’animo che caratterizzano il soggetto da una vita e non solo riguardo il Parkinson. Il falso Sé (Winnicott, 1960) ha anche il compito di nascondere e proteggere il “vero Sé potenziale” sottraendolo alle insostenibili pressioni ambientali, dove non trova espressione sufficiente e l’individuo non si sviluppa sulla base della propria dotazione innata, ma in conformità alle aspettative e alle pressioni o alle intrusioni del mondo esterno.
Sono proprio queste emozioni e stati d’animo insieme a meccanismi di difesa quali la scissione, la negazione, lo spostamento, l’identificazione proiettiva che, se ascoltati ma cosa più importante capiti e metabolizzati, ricollocati e  non solo alla malattia di Parkinson, ma alle vicende di vita passate e presenti,  possono diventare nuova linfa per scoprire o riscoprire capacità e forza emotiva, riappropriarsi di se stessi e di  tutte quelle risorse positive, quella spinta pulsionale alla vita e alla progettualità che  ricorda che avere il Parkinson non significa essere il Parkinson,  diventa una parte di realtà della persona, che deve continuare ad avere ambizioni, progetti, affetti ed interessi, per non scivolare nel baratro dell’isolamento affettivo e sociale.
Dare spazio e voce ad una sofferenza psicologica, a bisogni infantili negati, non elaborati che appartengono al passato, sempre presente, significa dare la possibilità alla persona di riappropriarsi del suo vero essere, della sua vera identità e capacità di stare al mondo anche e sopra tutto con le proprie fragilità e tutto questo va al di là del Parkinson.
Forse se ci mettiamo in una prospettiva psicosomatica tutta la sofferenza psicologica ignorata da tutta una vita può prendere forma anche con il Parkinson. Questo bagaglio emotivo se non ascoltato o ignorato può compromettere, rallentare e condizionare la vita del paziente con Parkinson e quella dei loro famigliari. Capire la propria sofferenza psicologica significa capire ed ascoltate se stessi, e quindi capire anche il Parkinson per continuare a vivere in quanto persona.
Bibliografia
Winnicott, D.W. (1960), Ego distorsion in terms of the true and false Self. In: The Maturational Processes and the Facilitating Environment. Hogarth Press, London 1965.Tr.it. La distorsione dell’Io in rapporto al vero e falso Sé. In:Sviluppo affettivo e ambiente. Armando, Roma 1970

Dott.ssa Angela Patti
Psicoterapeuta

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Un commento

  1. Antonietta Fasano

    Interessante. Anche i sensi di colpa magari…

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